mercoledì 29 giugno 2011

PRECARIO A 40ANNI … con l’aggravante

Prima parte.

40anni tra poco, una laurea, una moglie, una figlia, uno scooter, lo stato sociale di precario. Questi i miei unici averi.
Qual è l’aggravante? La partita iva.
Il popolo dell’iva fa paura, siamo quasi 9 milioni, sfidiamo i “marosi del mercato” scriveva La Repubblica nel 2009.
Ma non è sempre ricchezza l’etichetta dell’iva.
Qualche volta insegno. Dieci, quindici giorni all’anno di supplenza. Dimenticavo! Ho anche un’abilitazione all’insegnamento acquisita (o acquistata) con i corsi abilitanti (2 anni e circa 3.000,00€ investiti).
In dieci anni ho collezionato tre partite iva diverse. Per capire i perché faccio un po’ di dietrologia.
L’entusiasmo della laurea e dell’abilitazione alla professione mi fa aprire la prima partita iva. Dura circa 5 anni tra lavoretti sporadici tutti fatturati. La spada di Damocle della cassa di previdenza obbligatoria succhia quel poco che si guadagna, dopo un lungo periodo d’inattività la chiudo.
Insegno sporadicamente. Qualche incarico pubblico affiora perché ancora under 35 e la necessità di emettere fattura mi fa aprire per la seconda volta partita iva. Fatturato il supporto al rup, incarico esiguo nella forma e nel compenso, ma oneroso nella pratica, chiudo nuovamente partita iva per evitare i circa 2.000,00€ fissi all’anno di cassa di previdenza obbligatoria.
Insegno sempre più sporadicamente, un amico mi coinvolge in un altro supporto al rup: deve formare un’equipe di progettazione, gli ispiro fiducia e mi chiama. Il progetto è interessante, l’incarico è fiduciario con convenzione e non ha un colore politico, almeno per me, non sono residente lì, non voto lì, non sono iscritto all’ordine professionale di quella città.
Onorato della fiducia accordatami ed entusiasta dell’incarico affidatomi m’impegno al mille per cento.
E’ il dicembre 2009, non ci sono domeniche né vacanze di Natale, lavoro alacremente perché il mio operato è propedeutico al successivo operato degli altri colleghi. Il supporto è unilaterale, l’ente non ci appoggia, mi dovrei limitare a progettare ma eseguo rilievi, censimenti, elaboro dati, … Non si dialoga, non si può dialogare, l’interlocutore, il rup, non ha una formazione professionale consona al ruolo che ricopre. I pochi incontri avvengono, dopo ore di anticamera, in presenza di suoi tecnici di fiducia che parlano la mia stessa lingua. Dopo essere giunto ad una definizione definitiva del progetto mi viene “suggerito” di cambiare tipologia perché quella scelta cozza col tessuto urbanistico del luogo. Non mi dilungo sulle ragioni del cambiamento ma è giusto evidenziare che anche in questo caso è un monologo senza possibilità di replica. Anche le proposte di progettazione partecipata da me avanzate sono state glissate ed etichettate come utopiche.
Cambiare tipologia significa rifare un nuovo progetto, non mi perdo d’animo, riparto. Com’è d’uopo cominciano le pressioni sulla consegna degli elaborati in poco tempo e ciò conferma la poca conoscenza dell’argomento da parte degli attori interessati.
A fine 2010 termino il progetto edilizio. Ne inizio un altro però, il più importante di una nuova carriera, quella di padre.
Gennaio 2011, per il compenso delle spettanze devo emettere fattura, apro la terza partita iva.
Da quel giorno il silenzio più assordante, scrivo e-mail. Telefono, sollecito, nessuna risposta, salvo dopo circa cinque mesi:  il progetto serve per la campagna elettorale del candidato di turno, non mi presto al gioco ma c’è chi lo sfrutterà lo stesso per altre vie.
Giugno 2011, elezioni comunali, cambia l’amministrazione, cambia il rup. La fattura è emessa ma non liquidata, in diciotto mesi di lavoro neanche un acconto, nulla, solo spese. La cassa di previdenza ha la sua scadenza semestrale, ho partita iva, devo pagare.
Come me, possessori di partita iva e cosiddetti professionisti i miei colleghi. Chiediamo un incontro per conoscere il nuovo rup.
Dieci minuti d’incontro, la nostra equipe era quasi al completo con una presenza di sette ottavi dei componenti il gruppo.
Otto professionisti coinvolti. Tutti con convenzioni esageratamente sottostimate rispetto alle normali parcelle. Anzi l’equipe è di nove elementi, ma in otto abbiamo lavorato, il nono si è visto solo in campagna elettorale. Tant’è.
“La nuova amministrazione metterà mano al progetto”. Questo l’incipit di una presentazione fatta dall’alto al basso da parte del nuovo dirigente. Con sarcasmo ci ha chiesto le modalità d’incarico, il perché fossimo “noi” gli incaricati (forse pensando alla prassi che spesso si segue per gli incarichi fiduciari, ma non è il mio caso, lui non lo sa). Ho morso la mia lingua più volte per non rispondere a dovere, gli avrei rigirato la domanda. Lui chi l’ha messo lì? E perché? In sostanza le risposte ai nostri quesiti sono state poche e vaghe, i tempi per la liquidazione delle fatture non sono conosciuti.
Anche questo deve sopportare un precario a 40anni.
La mia terza partita iva sta compiendo sette mesi, è ancora aperta, mia figlia ha nove mesi, la partita iva non si mangia.

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